Da millenni gruppi mongoli si spostano lungo le estese aree dell’Asia centrale adattandosi alle condizioni del clima continentale delle steppe. L’ambiente, poco adatto allo sviluppo dell’agricoltura, ha condizionato per secoli le abitudini di una popolazione nomade dedita alla caccia e all’allevamento di cavalli, cammelli, buoi e pecore. La transumanza periodica dei pastori ha favorito lo sviluppo di un modello abitativo di facile realizzazione, composto da pochi elementi di facile montaggio e smontaggio.
La cellula abitativa per queste persone è un particolare modello di tenda circolare chiamata yurta (gher in mongolo): una casa mobile facilmente trasportabile. La necessità di spostarsi continuamente per seguire le mandrie ha rafforzato, nella visione filosofica mongola, l’idea di una tenda circolare, che riflette l’essenza spirituale ed estetica di un popolo nomade, che cerca di rispettare l’interesse dei vicini oltre che il proprio, facendo attenzione alle divisioni equilibrate del territorio da utilizzare.
Il cerchio è la forma più elementare di delimitazione dello spazio. Attorno ad un cerchio è facile immaginarne altri, a distanza modulare l’uno dall’altro, con al centro la Gher del capo anziano. Come le api costruiscono il proprio alveare, così le popolazioni di pastori nomadi si spartivano il territorio mantenendo per ogni gruppo la quantità di superficie necessaria al sostentamento della propria economia: un microcosmo circolare, centro della vita famigliare e nucleo generatore di un macrocosmo economico, limitato a quell’area.
La Gher, con il suo profilo cilindro-conico, è una delle strutture abitative più straordinarie che un popolo di pastori nomadi abbia mai realizzato: un ambiente accogliente che non viene modificato nei diversi periodi dell’anno, nonostante il clima della Mongolia sia soggetto a variazioni notevoli tra la stagione estiva e quella invernale. La sua struttura riesce a far fronte agli sbalzi termici e ai cambi climatici solo con il variare dello spessore dei rivestimenti posti l’uno sull’altro: una leggera copertura di stuoie costituisce la prima parete che, con l’abbassarsi della temperatura esterna, viene via via inspessita da strati sovrapposti di feltro.
La parete di sostegno, di forma cilindrica, è costituita da un graticcio a moduli romboidali in legno di salice, adatto per la sua leggerezza e resistenza; i pali vengono sezionati a metà longitudinalmente e legati tra loro nei punti di congiunzione, in modo tale da consentire alla struttura di piegarsi a fisarmonica per diminuirne l’ingombro durante il trasporto. Nell’erigere questa struttura, corrispondente all’anello perimetrale della casa, si fissano i due lati estremi del graticcio al telaio della porta che si solito guarda a mezzogiorno.
La portanza complessiva dell’intera parete viene aumentata con l’ausilio di grandi cinture, che possono essere semplici o decorate e che vengono sistemate nel bordo superiore del graticcio in modo da far convergere l’intera struttura leggermente verso l’interno.
Sistemare il tetto è l’operazione più difficile: dall’anello superiore della parete ad ogni vertice dei rombi del graticcio vengono strettamente legati dei pali incurvati ed appuntiti (uni) che, a raggiera, vengono fatti convergere su un apposito anello sommitale che ha tanti fori quanti sono i pali da infiggere.
Il cerchio sommitale e la struttura convergente su di esso acquisiscono un simbolismo cosmico: rappresentano infatti il sole e i suoi raggi. Nella tradizione popolare si raccomanda di non lasciare mai scoperto il foro sommitale (toono) durante la notte, perché potrebbero entrare gli spiriti del male.

Ultimata la struttura portante del tetto si rivestono le pareti interne con le stuoie e quelle esterne con larghi panni di feltro. Questo materiale è strettamente legato alla storia della Gher, si tratta di un panno morbido e resistente ottenuto mediante l’operazione di follatura della lana: una tecnica molto antica che secondo Plinio, avrebbe preceduto quella delle stoffe tessute.
Solo dopo aver ultimato le pareti si pensa alla sistemazione del pavimento, che viene ripulito e quindi spianato; poi si provvede ad isolarlo dall’umidità con uno strato di foglie. Al centro viene sistemato il focolare quadrato in corrispondenza dell’apertura circolare del tetto, che durante il giorno è aperta per far uscire il fumo. Il focolare ha anche un valore simbolico: è infatti il centro della vita famigliare, il “quadrato del mondo” iscritto in uno spazio circolare, un simbolo cosmologico di grande importanza nella spiritualità di queste persone che considerano il tetto della loro casa come la volta celeste da cui filtrano i raggi solari.
All’interno della Gher ogni oggetto e ogni persona hanno una precisa collocazione: l’altare reliquiario con le immagini degli antenati è situato sulla traiettoria del focolare, diametralmente opposto alla porta; a sinistra dell’altare vi è il posto d’onore, a destra lo spazio riservato alla coppia anziana, ai bambini e agli ospiti importanti, al centro a sinistra del focolare quello per gli uomini, a sinistra quello per le donne, più avanti verso l’uscio, a sinistra, vi è lo spazio per gli ospiti maschili e a destra per quelli femminili. Tutti gli oggetti di uso quotidiano, dal vestiario alle armi, dalle suppellettili alle coperte trovano posto lungo le pareti.
L’interno della Gher è ravvivato dalla presenza di motivi geometrici colorati che riproducono simboli tradizionali della famiglia o del clan di appartenenza, elementi in netto contrasto con il bianco dominante del feltro della volta.
Il concetto di direzione è importante per chi si sposta e guida le mandrie in un paesaggio che apparentemente non presenta punti di riferimento. La Gher viene sempre piantata con l’ingresso (khhalga) a sud, che ha un ruolo fondamentale per i Mongoli che usano orientarsi prendendo come punto fisso un soggetto immaginario rivolto a mezzogiorno.
Dopo il funerale le bare vengono portate, o all’interno di grotte dove sono accatastate una sopra l’altra oppure in cunicoli scavati nelle parti rocciose. Il villaggio di Lemo è uno dei luoghi di sepoltura più famosi. All’esterno dei luoghi di sepoltura, vengono posizionati i cosiddetti tau-tau, delle effigi di legno a grandezza naturale, che sono sistemate su un balcone scolpito nella parete rocciosa. Queste figure rappresentano i morti e mentre nel passato le effigi venivano scolpite in modo approssimativo, oggi lo scultore cerca proprio la somiglianza con il defunto. I parenti vengono ancora a visitare le bare e le ossa e portano loro doni di delizie terrene.

Anna Canuto
Antropologa e Travel Designer