Naadam significa divertimento, festeggiamento. L’accezione più comune del termine indica die giochi organizzati in occasione di diverse ricorrenze.
I veri naadam erano celebrazioni collegate a giorni importanti per il calendario dei mandriani. Secondo le usanze erano anche un supplemento alle offerte sciamaniche fatte agli spiriti. Dopo i rituali ovoo e per far piacere al signore del luogo, si svolgevano gare di tiro con l’arco, di lotta libera, corse e addestramento di cavalli, danze e canti. Era, allo stesso tempo, un modo per manifestare la gioia per il dono della fecondità e della capacità di resistere.
In seguito i giochi maschili divennero una questione di prestigio, come i tornei nell’Europa medievale. I combattenti mostravano le loro tecniche di guerra innanzi al principe e a tutto il popolo. Per i nomadi i giochi rappresentavano un’occasione di addestramento non solo per la caccia e il lavoro, ma anche per la guerra. Nel XIV secolo i naadam si trasformarono da celebrazioni originariamente locali in festività a livello nazionale per onorare gli dei e i loro protetti – i capi e i khan prescelti.
Nel 1772 l’organizzazione dei naadam locali fu regolata da una serie di norme emanate dall’amministrazione della Manciuria. Nei principali luoghi di offerta di parecchi aimag (tribù) venivano lette le preghiere lamaiste dai messi di Bogd Ghegheen (lama mongolo), mentre le offerte di sostanze profumate venivano portate dai funzionari secolari a nome degli stessi governanti della Manciuria.
Nel 1778 l’imperatore della Manciuria emise un decreto con cui cercò di indebolire l’autorità della nobiltà locale e rafforzare il suo alleato tibetano alla guida dell’organizzazione religiosa mongola. Stabilì che il naadam nazionale diventasse una questione prettamente religiosa, come celebrazione in onore di Jebzundamba, l’incarnazione suprema della Mongolia, il Bogd Ghegheen. Il danshig (dal tibetano tang = offerta, in mongolo bat orshil, cioè il Grande Sacrificio, veniva offerto a Bodg sempre al termine dell’estate nomade (cioè in aogsto) durante un naadam che talvolta si prolungava per dieci giorni. Inizialmente i naadam danshig si celebravano una volta ogni tre anni, ma nel 1865 salì al trono l’ottavo Bogd Ghegheen e da allora si svolsero annualmente. Gli astrologi della famosa scuola Erdeneshanzadba dugan della capitale, stabilirono la data esatta per il sacrificio.

L’offerta al Bogd era veramente grandiosa. Oltre ad altri oggetti, secondo il rituale, il dono principale era un mandal, una piramide, simbolo dell’Universo Buddhista. Al centro, la mitica montagna Sumber appariva – decorata con perle, oro e madreperla – sulla massa del grano sacro posto su un vassoio d’argento.
Seguivano altre offerte più concrete: chili d’argento, spesso a forma di mandal, dozzine di metri di seta, migliaia di scialli rituali (khadag), armi (a difesa della fede), dozzine di cavalli, cammelli, pellicce di volpe, stivali di pelle e centinaia di pecore.
I cavalli che venivano mandati ai naadam al seguito del grande sacrificio, erano gli animali migliori provenienti da ogni singolo khoshuun (territorio). Cavalli e cavalieri non venivano presentati coi loro nomi durante la gara dei cavalli, ma con quello del signore del loro feudo.
Mentre la corsa dei cavalli è un avvenimento riservato ai bambini (per il peso leggero richiesto), gli incontri di lotta, avvengono tra uomini maturi. Le regole e il costume particolare si sono sviluppati nel corso dei secoli. La lotta conserva i simboli e la tradizione dell’etica nomade. Da secoli il guerriero, il vincitore e il conquistatore, vengono tutti rappresentati sotto forma di uccelli rapaci, come gli inviati del sacro volere del khan. Quanti erano disposti a sottomettersi a questo volere guadagnavano la protezione del conquistatore contro ogni pericolo. Per questo i lottatori del naadam danzano la ‘danza dell’aquila’ prima e dopo il combattimento e il vincitore prende sotto ‘le proprie ali protettive’ il perdente, con un gesto simbolico.
La terza gara dei tradizionali ‘tre giochi maschili’ è il tiro con l’arco (num kharvakh). Dal XIII secolo in poi gli archi e le frecce si sono sempre più alleggeriti, trasformandosi da arma in attrezzo sportivo. Tuttavia, ancora oggi, vista acuta, abilità e forza vengono messe alla prova in molte discipline del naadam.
Nel 1924 morì il Bogd Ghegheen ed il potere passò definitivamente nelle mani del governo popolare. Da allora in poi, la data del naadam nazionale divenne l’11 luglio, giorno in cui, nel 1921, l’esercito rivoluzionario fece il suo ingresso nella capitale. Al posto della processione con gli omaggi, lavoratori zelanti sfilavano con bandiere davanti alle tribune con i capi comunisti del governo centrale. Dopo secoli, fu solo nel 1990 che il naadam fu celebrato nuovamente nello spirito dell’impero nomade di Cinghis Khaan.
Dopo il funerale le bare vengono portate, o all’interno di grotte dove sono accatastate una sopra l’altra oppure in cunicoli scavati nelle parti rocciose. Il villaggio di Lemo è uno dei luoghi di sepoltura più famosi. All’esterno dei luoghi di sepoltura, vengono posizionati i cosiddetti tau-tau, delle effigi di legno a grandezza naturale, che sono sistemate su un balcone scolpito nella parete rocciosa. Queste figure rappresentano i morti e mentre nel passato le effigi venivano scolpite in modo approssimativo, oggi lo scultore cerca proprio la somiglianza con il defunto. I parenti vengono ancora a visitare le bare e le ossa e portano loro doni di delizie terrene.

Anna Canuto
Antropologa e Travel Designer