A metà strada tra il Borneo e la Nuova Guinea si estende la massa terrestre con “quattro gambe” di Celebes, che è stata comparata ad un’orchidea o a un ragno, a seconda di chi la guarda.
L’isola si presentò ai primi navigatori Europei con una conformazione così complessa che essi inizialmente pensarono che si trattasse di più isole e il nome al plurale rimase fino all’indipendenza dell’Indonesia quando Celebes fu rinominata come Sulawesi e la sua capitale Makassar, diventò Ujung Padang.
La dorsale montuosa dell’isola rimase inesplorata fino alla fine del ventesimo secolo. Fu solo allora che il popolo Toraja ‘le persone dall’alto’ si rivelò. Essendo diversi etnicamente a qualsiasi dei loro vicini, la loro origine ha fatto sorgere diverse teorie antropologiche, ma quando si chiede agli stessi Toraja da dove vengono, essi rispondono: ‘Prima dell’alba della memoria umana i nostri antenati discesero dalle Pleiadi con delle astronavi’.
Essi costruiscono ancora le lor case con delle forme arcuate come quelle delle navi che li hanno portati sulla terra e i loro riti funebri, hanno lo scopo di ‘lanciare’ le anime dei morti sulle stelle delle loro origini.
Il popolo Toraja, sembra più simile ai Cambogiani o ai Siamesi, piuttosto che ai malesi della costa. Alcuni antropologi ritengono che essi vengano dalla Cina o che siano giunti in barca dalla Birmania o anche dall’Himalaya.
Sembra che i Toraja siano stati cacciatori di teste fino agli anni ’20 del 1900, ma essi erano temuti dai loro vicini, meno per la loro ferocia e di più per la loro magia, parte della quale era la loro reputazione di essere in grado di far camminare i morti. I guerrieri Toraja dovevano morire nel loro Rante, o area del villaggio, affinchè la loro anima tornasse sicuramente verso le stelle. Se succedeva che morissero al di fuori del Rante, allora gli sciamani, ’potevano far rivivere i loro cadaveri abbastanza a lungo da permettere loro di tornare a casa con le proprie forze, anche senza la testa’.
Werner ha sottolineato che nei Toraja possiamo trovare diversi aspetti: erano cacciatori di teste, credevano nella loro origine celestiale, praticavano un megalitismo primordiale, costruivano edifici sofisticati e utilizzavano una lingua scritta (o piuttosto scolpita e scritta) unica. Tutte le case mostrano questi glifi, che assomigliano alle spirali e agli yantra del Tantrismo che raccontano l’intera storia della tribù, del clan e della famiglia.

Presso i Toraja negli anni ’70 esisteva ancora la schiavitù, ma non nella forma che abbiamo imparato nei libri di storia. I Toraja acquisivano gli schiavi come eredità, ma essi erano ‘anime libere’ e spesso diventavano più ricchi dei loro padroni. Un figlio di un nobile aveva uno ‘schiavo’ della sua età a lui assegnato dalla nascita che in seguito andava a scuola con lui a Makassar e qualche volta anche all’Università.
Negli anni ’60 del 1900 il governo ha cercato di ridurre la confusione riguardo le religioni animiste, abolendo la pratica di tutte ad eccezione di cinque religioni ufficiali. Queste erano Islam, Induismo, Buddhismo, Cristianesimo e, poiché Bali era già conosciuta internazionalmente, è stata inventata la categoria della religione ‘Indo-Balinese’. Ciò avrebbe reso la religione toraja illegale se non fosse stato per un giovane ‘schiavo’ Toraja che aveva studiato legge. Egli aveva brillantemente sostenuto che la religione toraja era come ‘l’animismo Indo-Balinese’ e questo ha reso possibile la sopravvivenza della stessa.
Il Sud Sulawesi ospita una pittoresca valle circondata da montagne ricoperte di nebbia. Questa valle si chiama Tana Toraja, o Torajaland, e offre ai visitatori con lo stomaco forte la possibilità di vivere una delle celebrazioni più singolari e strane della vita. La gente di Tana Toraja pratica una complessa cerimonia funebre nota come Rambu Solo che impone che il defunto possa essere seppellito solo durante un certo periodo dell’anno. Per questo motivo, Tana Toraja ha una stagione funebre che va da giugno a ottobre, i mesi più secchi nel Sud Sulawesi. Il motivo è anche dovuto al fatto che un funerale di questo tipo richiede una grande somma di denaro e anche che siano invitati tutti i parenti, vicini e lontani.
Tana Toraja è un mondo strano dove i morti non sono sempre morti. I cari defunti sono semplicemente considerati makula, o malati. Il defunto considerato makula rimane in una bara sigillata e viene tenuta in casa con la famiglia fino a quando non hanno messo da parte abbastanza soldi per organizzare una grande festa di commiato. Ottenere abbastanza soldi può richiedere più di un anno. Fino ad allora, la bara rimane in casa con la famiglia. In passato le famiglie usavano le erbe e il fumo dei fuochi ardenti per conservare i resti, ma oggigiorno la formalina è più comune.
Durante il periodo che precede il funerale, i membri della famiglia portano del cibo al defunto un paio di volte al giorno e parlano con loro come se fossero ancora vivi. Fino a quando il primo bufalo non sarà macellato al funerale, le loro anime non inizieranno il loro viaggio lasciando questa terra. I toraja credono che il sangue debba essere versato sul terreno per facilitare il viaggio di un’anima verso la terra delle anime. Più bufali, più sangue e più veloce è la transizione.
Il giorno del funerale devono essere sacrificati un minimo di 6 bufali d’acqua, ma si può arrivare a sacrificarne anche un centinaio. Il costo dei bufali è piuttosto elevato e ancor di più per i bufali albini che sono una rarità. Questo spiega perché a volte ci vuole un anno o più prima che il funerale possa aver luogo. La città di Rantepao è la capitale di Tana Toraja e una base perfetta per esplorare la valle e partecipare a un funerale.

Dopo il funerale le bare vengono portate, o all’interno di grotte dove sono accatastate una sopra l’altra oppure in cunicoli scavati nelle parti rocciose. Il villaggio di Lemo è uno dei luoghi di sepoltura più famosi. All’esterno dei luoghi di sepoltura, vengono posizionati i cosiddetti tau-tau, delle effigi di legno a grandezza naturale, che sono sistemate su un balcone scolpito nella parete rocciosa. Queste figure rappresentano i morti e mentre nel passato le effigi venivano scolpite in modo approssimativo, oggi lo scultore cerca proprio la somiglianza con il defunto. I parenti vengono ancora a visitare le bare e le ossa e portano loro doni di delizie terrene.

Quando un bambino muore prima di avere i denti, non viene seppellito nelle bare. Un piccolo foro è scavato nel tronco di un grande albero abbastanza grande da contenere il corpo. La madre poi avvolge il corpo in un panno e lo mette dentro. Il buco viene quindi sigillato con la corteccia e mentre l’albero guarisce nel tempo, il tronco dell’albero ne assorbirà il corpo. Il popolo Toraja infatti, crede che lo spirito del bambino cresca con l’albero.
Le cerimonie Toraja però non finiscono qui. Infatti, se si è “fortunati” è possibil assistere al ma’nene, un rito per rendere omaggio agli antenati, che si svolge dopo la raccolta del riso in agosto. I cadaveri vengono rimossi dalle loro tombe, curati e vestiti con abiti nuovi. Alcuni indossano occhiali da sole e jeans, altri abiti di raso bianco delicatamente decorati con perline e orecchini gioiello.
A noi può sembrare strano, ma i Toraja sono completamente a loro agio tra i morti. La morte per loro è molto meno definitiva che per altre culture, è più un passaggio da un luogo all’altro che una fine amara. Non è raro che le persone rimangano nelle case delle loro famiglie per anni dopo la morte. In effetti, è solo al funerale che una persona è considerata morta.
Per secoli i Toraja sono stati praticamente tagliati fuori dal resto del mondo. La loro religione tradizionale, Aluk To’dolo, una combinazione di culto degli antenati, mito e sacrificio animale, che veniva tramandata oralmente. I Toraja credevano che i loro antenati discendessero dai cieli. Dopo un funerale, sarebbero tornati nel regno delle anime nel cielo, noto come Puya.
Nel 1913 i missionari olandesi fondarono scuole a Toraja e la maggior parte della popolazione si convertì al protestantesimo o al cattolicesimo romano. Tuttavia, nonostante la pratica del cristianesimo, i riti funebri Toraja contemporanei, compreso il sacrifico del bufalo, continuano ad essere fortemente influenzati dall’antica religione. “I vecchi rituali non si stanno estinguendo, sono stati integrati nel cristianesimo”, afferma Eric Crystal Rante Allo, esperto di diritto consuetudinario.



Anna Canuto
Antropologa e Travel Designer